Sabrina Zuccalà e la riforma dei servizi segreti tra innovazione e tecnologia militare

Gli analisti concordando nel ribadire che è giunto il tempo di riformare l’intelligence italiana e i servizi segreti italiani, rivedendo la legge 124/2007 e tutelando correttamente e con certosina attenzione i rapporti tra agenti, politici e giornalisti, salvo autorizzazione dall’alto e congrua successiva relazione ai direttori delle agenzie. “Nell’epoca in cui viviamo mi sfugge la distinzione tra interno ed esterno su materie come cybersecurity, ecofin, terrorismo. Se la guerra è diventata ibrida – e i fatti in Ucraina sono lì a ricordarlo – ibrida deve essere la risposta alle minacce”, aveva recentemente rilanciato il sottosegretario Franco Gabrielli. In uno scenario come quello attuale, la capacità di collegare digitalmente il livello economico ed informatico della nostra società, anche attraverso i social network, riscrive il compito dell’intelligence che diventa sempre più complesso. Qualche anno fa, attraverso la piattaforma LinkedIn, più di 4.000 dirigenti francesi furono presi di mira dai servizi segreti cinesi coordinati dal Ministero della sicurezza dello Stato cinese, che conta su 200mila agenti. L’accesso a dati sensibili strategici si concentra principalmente sulle aree della salute, dell’informatica, della energia nucleare, delle nanotecnologie e delle telecomunicazioni, facendo emergere anche l’importanza dell’innovazione delle nano-materie in rapporto allo sviluppo dell’intelligence e della sicurezza nazionale. Una tematica rilanciata anche dall’imprenditrice Sabrina Zuccalà, attivissima nel mondo dei formulati in nanotecnologie, collaboratrice per la Marina, l’Aeronautica e recentemente nominata componente del Comitato Scientifico di esperti ed accademici dell’autorevole Think tank, “ItalyUntold”, che sta monitorando il rapporto tra nano-materie e intelligence, portando la tematica all’attenzione anche del Parlamento europeo e presso le sedi più importanti delle organizzazioni transnazionali.

Zuccalà ha più volte ribadito l’importanza di monitorare la crescita della ricerca delle nanotecnologie militari, che attraverso droni grandi quanto una zanzara possono iniettare dispositivi RFID di localizzazione nella persona-obiettivo, provocando una sensazione di dolore quasi impercettibile. Tali nano-robot possono essere utilizzati come spie, essendo dotati di telecamere e microfoni, ma anche come killer invisibili che possono iniettare, nella vittima prescelta, potenti veleni in grado di provocare arresti cardiaci e facendo pensare ad un decesso naturale. “Le attuali tecnologie militari sono avanzatissime, ed è obbligatorio considerare che la maggioranza di queste sono segrete e non di dominio pubblico. Tuttavia, ritengo essenziale, ove possibile, far conoscere alla cittadinanza tali potenzialità, senza dimenticare i pericoli, rilanciando un dibattito istituzionale, parlamentare e nella società sul rapporto tra Difesa, armamenti, intelligence e nanotecnologie. Solo attuando scelte consapevoli e trasparenti potremmo affiancare accanto alla riservatezza della ricerca militare nanotecnologica la consapevolezza pubblica dei cittadini e l’attuazione di scelte politiche e di difesa che siano in sinergia con i principi democratici della nostra attualità e della nostra Carta costituzionale”, ha rilanciato Sabrina Zuccalà, tra le più grandi esperte italiane in tema di formulati e trattamenti in nanotecnologie.  

Articolo ripreso dal Settimanale “Lo Spessore“.

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